L’epoca del Guardiolismo, come qualcuno l’ha ribattezzato, ha portato diversi allenatori a bruciare le tappe e, forse, anche a bruciarsi professionalmente. Giovanissimi venivano catapultati su panchine importanti, alterando quello che per anni era il quasi naturale decorso delle cose.

A lungo gli ex calciatori, anche di alto livello, partivano dalle giovanili, prima di approdare in categorie inferiori e se avevano qualità risalivano la china fino alla Serie A e alle coppe europee. Il percorso fulmineo dell’ex allenatore del Barcellona aprì la strada e percorsi che si immaginavano potessero simil al suo, ma che si sono rivelati un buco nell’acqua. Con qualche eccezione. Ad esempio Simone Inzaghi è passato dalla Primavera della Lazio alla prima squadra quando era ancora giovane.

Per altri, da capitano e grande giocatore a ottimo allenatore, per molti, il passo non è stato conseguenziale al corso degli eventi. Oggi si guarda la Serie A e si nota che c’è un Lecce che, in proporzione al budget, riesce a fare cose egregie con una squadra ricca di esordienti.

Lo fa con una struttura societaria solida, con un ds di alto livello come Pantaleo Corvino e un allenatore come Marco Baroni. Un tecnico compirà 60 anni a settembre e che ha avuto un percorso che lo rende il profilo ideale per formare e allenare i giovani.

Lui alle spalle ha sì una carriera da alto livello come calciatore, ma anche un vissuto dove ha avuto tutte le tappe da tecnico. Ha allenato in C2, in C1 e ha fatto esperienza in settori giovanili importanti, come negli anni vissuti al timone della Primavera della Juventus.

La sua carriera non è stata priva di incidenti di percorso, ma quelli li hanno tutti gli allenatori. In Serie A ci è tornato con il Lecce, conquistandosela sul campo. Lo ha fatto con un progetto tecnico ben pensato sia dietro la scrivania che sul campo. E così ci si ritrova un Lecce pieno di esordienti al tredicesimo posto dopo 27 punti in 23 partite.

Nell’ultimo triennio l’allenatore fiorentino ha dimostrato di essere un tecnico in grado di fare la differenza. Nella stagione 2020-2021 fu chiamato a risollevare le sorti di una Reggina che, appena tornata in B, rischiava di finire nelle sabbie mobili. L’ha rivoltata come un calzino (anche con il mercato di gennaio), ha cambiato assetto tattico e l’ha traghettata ad una salvezza agevole. Sfiorando anche i play off in un anno con gli stadi chiusi, in una piazza come Reggio Calabria dove il pubblico fa la differenza.

Poi l’addio e il ritorno a Lecce, dove era già stato un’istituzione come calciatore. Il ritorno in A centrato alla grande e uno sbarco in massima serie con principi e un’identità di squadra che rende tutt’altro che casuali i risultati.

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