Nella giornata di ieri, il calcio inglese ed internazionale hanno perduto un altro fuoriclasse: Sir Robert “Bobby” Charlton, mito del Manchester United e campione del mondo con la Nazionale nel 1966.

Definire Bobby Charlton quale giocatore iconico è relativamente poco: perché se si pensa allo storico e glorioso numero 9 del Manchester United e della Nazionale inglese viene in mente uno dei personaggi più rappresentativi non solo a livello britannico bensì di un’intera epoca: per tutti gli anni Sessanta fino all’inizio del decennio successivo. Nato centravanti poi diventato interno di classe con la maglia dei Red Devils, è stato 106 volte nazionale inglese. Indossando la maglia bianca con i tre leoni sul petto è stato tra i migliori di sempre, trionfando nella Coppa Rimet del 1966 e prendendo parte in totale a tre campionati del mondo. E pensare che la sua carriera di calciatore era stata sul punto di tramontare prematuramente.

L’iconica maglia del Manchester United con il numero 9

Nel 1958 era stato infatti tra i sopravvissuti della strage di Monaco, in cui la squadra del Manchester United perse diversi tra i suoi elementi, in una sciagura aerea. Charlton si salvò e quindi poté cominciare nuovamente la sua carriera, accanto al mentore Matt Busby. Calciatore completo, dotato di ottima tecnica e fiuto del gol, è stato il primo inglese vincitore del Pallone d’Oro nel memorabile 1966. Due anni più tardi il trionfo in Coppa dei Campioni e gradualmente l’uscita dalle scene, dopo l’ultima parentesi nel Preston North End. Un calciatore estremamente riconoscibile, non solo in senso meramente sportivo ma pure a livello d’immagine, con il riporto di capelli che puntualmente si scompigliava durante il gioco e abbandonato solo a carriera conclusa.

Il Pallone d’Oro vinto nel 1966

Così lo definì il contemporaneo Pelè: “Il miglior interno del mondo“. Secondo la stampa francese, Charlton era “il solo inglese capace di rivaleggiare con i brasiliani“. La sua evoluzione tecnica e tattica lo ha avvicinato a predecessori del calibro dell’ungherese Hidegkuti e di Alfredo Di Stefano, come lui centravanti assolutamente atipici. Neanche a dirlo, era diventato in seguito un totem del Manchester United, vicinissimo alle vicende della squadra in particolare per la lunga gestione di Alex Ferguson. Punto di riferimento per tutta una generazione, quella degli anni Novanta, dai Neville a Giggs, passando per Beckham e Scholes.

Mito del Manchester United

Due anni fa, la moglie aveva reso nota la terribile diagnosi di demenza per il coniuge: la medesima, spietata malattia che aveva condotto alla morte nel 2020 l’altro campione di casa Charlton. Il fratello Jack, detto Jackie, che con Bobby era diventato campione del mondo e si era costruito grande fama alla guida dell’Eire tra gli anni ’80 e ’90. Ieri mattina, la comunicazione della famiglia. Sir Charlton è morto serenamente nella sua abitazione, all’età di 86 anni.

(Informazioni storiche e immagine di copertina tratte da: Enciclopedia “Il Pallone d’Oro”, volumi 2 e 4)

Fabio Ornano

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